Consenso informato

Studio Dentistico Dott. Luigi Bianchini
Medico Chirurgo, Specialista in ODONTOSTOMATOLOGIA
Via Vega, 25  – 47923 RIMINI
Tel. 0541.770145  –  331/5758095

 

Consenso informato generico alle terapie odontoiatriche

 

Gentile Paziente, ogni atto terapeutico, in tutte le discipline mediche e dunque anche in quelle Odontoiatriche, pur se condotto nel migliore dei modi, è gravato da una serie di possibili effetti collaterali e di eventi avversi non prevedibili dei quali Lei deve essere messo a conoscenza per esprimere il suo assenso alle terapie. Qua di seguito vengono elencate alcune di queste possibili situazioni che, anche se raramente, possono verificarsi. La preghiamo di prenderne nota e nel caso qualcosa non le fosse chiaro di non esitare a chiedere ulteriori delucidazioni.

 

CONDIZIONI GENERALI DEL PAZIENTE E TERAPIE ASSUNTE: le condizioni di base del paziente sono importanti per ridurre significativamente la possibilità che si verifichino degli effetti collaterali o delle complicazioni durante le manovre odontoiatriche che sono tanto più frequenti tanto più le condizioni cliniche dei pazienti sono compromesse da gravi patologie. Anche alcuni farmaci assunti (come ad esempio gli anticoagulanti o i bifosfonati) possono determinare delle situazioni a più elevato rischio. Per questo vi è stata fatta compilare l’Anamnesi onde avere la possibilità di valutare la vostra situazione clinica e poter intervenire in modo prudente ed accurato a seconda della situazione. Alcune condizioni cliniche rendono comunque sempre più rischioso il trattamento.

 

FARMACI: durante l’esecuzione delle terapie potrebbe rendersi necessario l’utilizzo di alcuni farmaci quali antidolorifici, antiinfiammatori, antibiotici o altri ancora. Ogni farmaco assunto ha sempre degli effetti collaterali che variano da persona a persona così come può provocare intolleranze o allergie non prevedibili e di gravità variabile. Ciò vale anche per l’anestetico locale che si usa di routine durante le terapie odontoiatriche e che in rarissimi casi può scatenare delle reazioni allergiche fatali (shock anafilattico). In studio siamo forniti dei farmaci di emergenza e di pronto soccorso per fronteggiare queste improbabili quanto gravi situazioni.

 

RADIOLOGIA: la moderna odontoiatria non può fare a meno degli esami radiografici che sono necessari per fare una corretta diagnosi ed eseguire le terapie più appropriate. Ogni esame Rx determina un irraggiamento del paziente che è diverso a seconda del tipo di esame eseguito e del numero degli esami effettuati. Nel nostro ambulatorio utilizziamo solo attrezzature radiografiche digitali che riducono di molte volte il dosaggio rispetto alle apparecchiature analogiche tradizionali. Le apparecchiature sono periodicamente controllate da un “Esperto Qualificato”, figura professionale abilitata alla verifica del buon funzionamento di questi apparecchi. Abbiamo inoltre cura di evitare gli esami non strettamente necessari al buon fine delle terapie e a suggerire quelli più indicati per ogni specifica situazione.

 

SEDAZIONE COSCIENTE INALATORIA CON PROTOSSIDO D’AZOTO: è una tecnica che consente, tramite l’utilizzo di una mascherina nasale collegata ad uno specifico macchinario elettronico (sedation machines), l’assunzione inalatoria di una miscela di Ossigeno e Protossido d’azoto, di ridurre notevolmente l’ansia e lo stimolo del vomito oltre ad innalzare la soglia del dolore (effetto analgesico) e stabilizzare il battito cardiaco e la pressione arteriosa. E’ una metodica assolutamente sicura e che ha pochissime controindicazioni. Fra queste: i pazienti claustrofobici che non tollerano la mascherina nasale, i pazienti incapaci di respirare col naso a bocca aperta, i pazienti con handicap non sufficientemente collaboranti, i pazienti con gravi disturbi della personalità e trattati con appositi farmaci, per i quali è bene evitare l’alterazione anche superficiale della coscienza, i pazienti con malattia polmonare cronica ostruttiva (BPCO) e quelli con personalità autoritaria che tendono a non apprezzare il senso di perdita di controllo che il protossido può dare, mentre invece è consigliato cercare di “lasciarsi andare”, assecondando anziché opporsi con resistenza alla sensazione di rilassamento. Al di là di queste poche eccezioni, la metodica può dunque essere utilizzata in tutti i soggetti (dai bambini agli anziani) ed è molto diffusa all’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni. E’ particolarmente indicata nei pazienti a rischio cardiovascolare perché riducendo l’ansia e la percezione del dolore, riduce anche il rilascio di adrenalina endogena che è quasi sempre la principale responsabile di complicazioni ed eventi avversi. E’ bene precisare che non si tratta di un’anestesia generale e che il paziente rimane vigile e può interagire con l’operatore, anche chiedendo la sospensione immediata del trattamento se lo giudica non adatto a sé. Al termine della seduta, bastano all’incirca una decina di minuti di attesa per ritornare completamente alla situazione di partenza. Il Protossido viene infatti eliminato direttamente tramite il respiro e non va ad appesantire il metabolismo di nessun organo. Negli adulti è necessario, prima di utilizzarlo per le terapie, eseguire una seduta specifica per la cosiddetta “titolazione individuale”, cioè la determinazione del dosaggio ottimale per quel paziente. Tale livello, chiamato “Base Line”, può variare molto da soggetto a soggetto. Individuare il corretto Base Line per ogni paziente adulto è importante perché questo permette di ridurre gli effetti collaterali. Nei bambini invece non è necessario individuare il Base Line perché esiste un dosaggio standard ottimale per la maggior parte delle situazioni. I principali effetti collaterali che possono presentarsi sono rappresentati da formicolii diffusi a tutto il corpo, più spesso agli arti, sensazione di obnubilamento e sonnolenza, vampate di calore, sensazioni piacevoli di leggerezza (“essere sulle nuvole”,”testa vuota o leggera”), oppure capogiri, sensazione di nausea o vomito qualora il dosaggio sia troppo elevato, tutti effetti reversibili in pochissimo tempo riducendo il flusso del Protossido nella miscela inalata.

Nel nostro ambulatorio questa tecnica viene usata prevalentemente nei bambini, riservandola agli adulti che ne abbiano realmente un effettivo bisogno o quando viene da loro espressamente richiesta.

 

IGIENE ORALE: una volta rimossi la placca e il tartaro che avvolge i denti a mo’ di manicotto, questi risultano spesso essere per qualche tempo più sensibili agli stimoli termici (caldo e freddo). Inoltre le gengive che sono infiammate a causa della presenza del tartaro, una volta che questo viene rimosso tendono a sgonfiarsi man mano che l’infiammazione si riduce, provocando un lieve fisiologico arretramento del loro margine con un conseguente allargamento degli spazi interdentali. Frequentemente si può verificare una dolenzia gengivale che perdura per qualche giorno dopo la seduta d’igiene orale e che di norma passa spontaneamente.

I pazienti portatori di pacemacker devono informare il medico o l’igienista perché alcune apparecchiature ad ultrasuoni che vengono solitamente utilizzate per la rimozione del tartaro possono interferire con il buon funzionamento del dispositivo cardiaco creando una situazione potenzialmente pericolosa.

 

CURE CONSERVATIVE: la cura della carie viene eseguita utilizzando materiali resinosi o ceramici che vengono “incollati” ai denti con appositi sistemi adesivi e cementi. Ognuno di questi materiali, per quanto accuratamente testati prima di essere messi in commercio, possono essere non tollerati da alcuni pazienti particolarmente sensibili. Questa possibilità è estremamente rara. Dopo le cure, alcuni pazienti possono lamentare una sensibilità termica o un dolore alla masticazione su qualche dente otturato che solitamente regredisce nel giro di qualche tempo. I denti che presentano cavità molto grandi e profonde (in prossimità del nervo) e pareti sottili, possono andare incontro a varie complicazioni fra le quali ricordiamo: incrinature o fratture delle cuspidi o delle pareti residue, infiltrazioni delle otturazioni, dolore che possono rendere necessaria la devitalizzazione del dente. Queste complicazioni possono verificarsi precocemente o anche in modo tardivo, a distanza di alcuni mesi o anni. In caso di trattamento di carie molto profonde, può verificarsi l’esposizione del nervo. Anche questo inconveniente rende quasi sempre necessaria la devitalizzazione del dente.

 

ENDODONZIA: la devitalizzazione dei denti è una terapia complessa perché va a trattare i denti al loro interno, lungo il decorso delle radici, senza che il dentista possa vedere direttamente quanto sta facendo. Le radici dei denti hanno una forma e una morfologia molto variabile da dente a dente e da persona a persona e presentano spesso curvature, biforcazioni, calcoli, canali accessori e laterali… che rendono sovente difficile il lavoro. Non sempre il dentista riesce a percorrere tutte le radici per l’intera loro estensione proprio a causa di ostacoli o impedimenti vari. Ciò è ancor più vero in caso di ritrattamenti (cioè quando si lavora su un dente già in precedenza devitalizzato e che ha bisogno di essere riaperto a causa di un trattamento insufficiente o di un’infezione), perché l’odontoiatra deve fare i conti non solo con le difficoltà sopra esposte, ma anche con i materiali da otturazione precedentemente inseriti nel dente (cementi, guttaperca, perni…) e spesso con ostacoli provocati dal precedente trattamento. Nel tentativo di spingersi dentro i canali può capitare che gli strumenti endodontici di metallo, che sono molto sottili, possano rompersi fratturandosi all’interno dei canali radicolari. Può anche capitare che si generi una falsa strada con una perforazione della radice. Anche quando tutto “fila liscio” e il trattamento giunge a buon fine, a volte – a distanza di mesi o anche di anni – si può verificare un’infezione alla punta della radice (chiamata “lesione o infezione apicale o anche, a seconda dei casi, “granuloma”) che nella maggior parte dei casi è asintomatica e diagnosticata solo in seguito ad un controllo radiografico. Tutto ciò fa si che il trattamento endodontico sia gravato da una certa percentuale di insuccessi che non sono prevedibili a priori e che possono portare anche alla perdita dei denti interessati e  dei lavori protesici ad essi ancorati.

È inoltre importante sapere che il dente devitalizzato è un dente più fragile di un dente vitale,  perché quasi sempre ha perso un grande quantitativo della propria struttura originaria a causa di una carie molto grande e profonda. Questo fa si che i denti devitalizzati – se non adeguatamente protetti con apposite ricostruzioni conservative (intarsi) o protesiche (corone) – vadano frequentemente incontro a fratture della corona e della radice, che quando si verificano spesso ne rendono necessaria l’estrazione. Nonostante tutte queste possibili complicazioni, la terapia endodontica risulta giustificata dal fatto che l’unica alternativa ad essa è rappresentata dall’estrazione del dente.

 

ORTODONZIA: il trattamento ortodontico ha lo scopo di allineare i denti e di mettere in relazione fra loro le arcate dentarie nel modo funzionalmente più corretto possibile. Per far questo, dopo opportuno studio del caso, ci si avvale di appositi dispositivi (fissi o mobili, intra od extra orali) atti ad esercitare delle trazioni sui denti in modo da spostarli e portarli nella giusta posizione. Durante questi movimenti, si può avere inizialmente un po’ di dolenzia, soprattutto quando si attivano le trazioni sui denti o nei primi giorni dopo il cambio dei dispositivi mobili. In caso di affollamenti molto importanti, può essere necessario al fine di creare lo spazio utile per allineare i denti, dover procedere all’estrazione di qualche elemento dentario. Più spesso si rende invece indispensabile eseguire un leggero “stripping” di alcuni denti (abrasione dello smalto di 0,1-0,2mm. per lato, eseguita con apposite strip di metallo) per guadagnare un po’ di spazio per migliorare l’allineamento corretto della dentatura. In caso di utilizzo di apparecchiature ortodontiche fisse, si incollano ai denti dei bottoncini di metallo o di ceramica (brackets) ai quali vengono applicati dei fili di trazione metallici (archi) che sono visibili e rendono il sorriso antiestetico. Inoltre queste apparecchiature fisse possono creare un lieve traumatismo ai tessuti molli circostanti (guance, labbra, lingua) con relativo leggero disagio. I portatori di apparecchi ortodontici fissi dovranno curare in modo scrupoloso la loro igiene orale in quanto le apparecchiature fisse trattengono placca ed è dunque indispensabile pulirsi accuratamente i denti più volte al giorno ed eseguire regolari sedute di igiene orale professionale in studio secondo le necessità. Il non effettuare attentamente queste procedure, può favorire lo sviluppo della carie dentaria e dell’infiammazione gengivale rendendo necessaria la sospensione del trattamento.

Al termine del piano di cura ortodontico lo studio vi fornirà degli appositi mezzi di contenzione o di mantenimento (fissi o mobili) indispensabili per stabilizzare il risultato raggiunto. L’utilizzo regolare di questi dispositivi è molto importante per poter mantenere nel tempo quanto ottenuto. Infatti, se i dispositivi di mantenimento non vengono posizionati o vengono portati saltuariamente, i denti spesso tendono a rispostarsi, dando luogo a delle recidive.Un leggero affollamento dei denti anteriori si verifica comunque frequentemente nella maggioranza delle persone con il passare dell’età, in quanto si ha una modifica della struttura scheletrica che determina dei piccoli spostamenti dei denti che sono da considerare fisiologici.

 

CHIRURGIA ORALE: ogni atto chirurgico è gravato da effetti collaterali e possibili complicazioni. Fra i più comuni ricordiamo il gonfiore e il dolore nei giorni immediatamente successivi l’intervento, variabili in base alla sede e all’estensione della zona operata. Anche gli ematomi fanno parte di questi possibili effetti collaterali dell’atto chirurgico. Un’altra complicazione possibile è rappresentata dalle emorragie, soprattutto nei pazienti che sono in terapia con farmaci antiaggreganti e anticoagulanti. In caso di estrazioni complesse sono possibili fratture degli apici radicolari che non sempre è consigliabile andare a rimuovere soprattutto quando questi sono vicini a delicate strutture vascolo nervose o fratture di porzioni di cresta ossea (tuber, corticale alveolare vestibolare…,) o di porzioni di denti attigui o di otturazioni che vengono sollecitati durante le manovre estrattive. Un altro evento avverso che può verificarsi in caso di estrazione di un dente dell’arcata superiore è la creazione di una comunicazione fra la bocca e il seno mascellare (cavità presente all’interno della mascella superiore) che può risolversi spontaneamente (se piccola), può rendere necessario un ampliamento dell’intervento da parte del dentista per eseguire un lembo a scorrimento nel tentativo di chiuderla direttamente se di dimensioni più ampie o può necessitare per la chiusura di un intervento di chirurgia maxillo-facciale in ospedale qualora i tentativi messi in atto dall’odontoiatra non abbiano sortito effetto. Questa situazione può verificarsi anche quando l’intervento viene condotto con la massima attenzione qualora sia presente una situazione anatomica sfavorevole.          In caso di estrazioni particolarmente indaginose come quelle dei denti del giudizio inferiori, o in caso di interventi in prossimità di strutture nervose, si possono verificare dalle parestesie transitorie (formicolii di organi e tessuti limitrofi e omolaterali alla zona operata e perduranti per un tempo variabile) o anche permanenti, dovute ad una lesione traumatica del nervo alveolare inferiore o del nervo linguale. Può anche accadere che uno o più denti attigui alla zona operata perdano la loro vitalità in conseguenza dell’atto chirurgico, soprattutto se questo è in corrispondenza delle radici dei denti, come quando si va ad asportare una grande cisti endossea o si esegue un’apicectomia.

 

PARODONTOLOGIA: in caso di interventi parodontali si può verificare oltre al dolore, gonfiore, ematoma ed emorragia, un’aumentata sensibilità termica dei denti a causa dell’esposizione di parte delle radici degli elementi adiacenti la sede di intervento.  Subito dopo un intervento parodontale si può verificare un’aumentata mobilità dei denti, conseguente all’infiammazione dovuta al trauma operatorio, mobilità che in genere si risolve spontaneamente nel giro di qualche settimana. In caso di interventi di innesto di tessuti molli per la ricopertura delle radici, può verificarsi il non attecchimento dell’innesto o una recidiva della recessione in un tempo variabile, nonché una guarigione lenta e fastidiosa della gengiva nella sede del prelievo.

 

IMPLANTOLOGIA: la moderna implantologia è una disciplina sicura e con alte percentuali di successo. Ciò non toglie che una piccola parte degli impianti inseriti possano andare incontro ad una mancata integrazione che comporta un fallimento dell’impianto che può essere precoce o tardiva. Questa evenienza si verifica nella maggior parte dei casi entro i primi tre mesi dall’inserimento dell’impianto, ma può verificarsi anche a distanza di molto tempo, soprattutto se il paziente non pratica un’accurata igiene orale quotidiana a casa e non esegue regolari sedute d’igiene orale in studio (ogni 6 mesi) e visite di controllo dal dentista con l’esecuzione di esami radiografici di controllo (una volta all’anno).

La responsabilità di ottemperare a queste indicazioni igieniche e di controlli periodici è esclusivamente a carico del paziente che viene all’uopo istruito ed informato anche tramite la sottoscrizione di uno specifico “consenso informato” prima dell’esecuzione dell’inserimento degli impianti. I fallimenti della terapia implantare (perimplantite) aumentano percentualmente, oltre che nei pazienti con una scarsa igiene orale, anche  nei pazienti fumatori e in quelli affetti da diabete o da grave osteoporosi.

Altre complicazioni dell’implantologia sono legate all’atto chirurgico (dolore, gonfiore, ematoma, emorragia) che sono molto blande in caso di inserimento di pochi impianti (una, due, tre viti) e divengono via via più consistenti tanto più è esteso l’intervento. In rari casi possono verificarsi parestesie transitorie o permanenti, quando l’atto chirurgico di inserzione degli impianti è condotto in prossimità di strutture nervose che vengono accidentalmente lesionate. Rare ma pur sempre possibili sono infine i cedimenti meccanici di qualche componentistica implantare. Fra queste ricordiamo la frattura dell’impianto o dei monconi ad essa fissati o ancora la rottura delle viti di connessione protesica che pregiudicano il successo della protesi che era stata eseguita su queste strutture.

 

PROTESI FISSA: la protesi fissa può essere ad appoggio dentario o implantare. Nel caso di protesi ad appoggio dentario (monconi) queste hanno una durata media di circa 10 anni. Le complicazioni che si verificano più frequentemente sono rappresentate da: infiltrazione del/i monconi protesici con conseguente carie degli stessi e dalla decementazione del manufatto protesico in qualche sua parte. Altre complicazioni che possono verificarsi sono la perdita di vitalità di uno o più denti pilastro con conseguente sviluppo di un’infezione apicale, il cedimento meccanico della travata della protesi (frattura) o della sua superficie estetica con esposizione del metallo sottostante, la frattura dei monconi e/o delle radici che fungono da pilastri alla protesi soprattutto se si tratta di denti devitalizzati e ricostruiti con perni radicolari. Nel caso di protesi ad appoggio implantare, le principali complicazioni sono rappresentate da infezioni a carico degli impianti e dell’osso che li circonda (perimplantiti) quasi sempre dovute ad una insufficiente igiene orale o a condizioni generali legate al paziente (forti fumatori, pazienti affetti da diabete, da grave osteoporosi o che utilizzano di particolari classi di farmaci quali i bifosfonati, i cortisonici…). Anche la frattura meccanica di componentistiche implantari (viti di connessione) o protesiche (cedimenti strutturali e/o della superficie estetica) sono da annoverare fra le possibili cause di fallimento di alcuni lavori di protesi fissa.

 

FACCETTE IN CERAMICA: sono possibili distacchi delle faccette, cripping, incrinature e fratture parcellari della ceramica. Se i distacchi o le fratture sono di dimensioni modeste è possibile riparare le faccette o ricementarle con tecniche dirette. Se invece si tratta di fratture di porzioni più ampie spesso risulta necessario procedere al rifacimento in toto della/e faccetta/e in quanto non sempre le faccette, soprattutto se in materiale ceramico, sono facilmente riparabili. Per evitare questi spiacevoli inconvenienti bisogna fare un minimo di attenzione cercando di evitare traumi ai denti ed evitare di chiudere la bocca portando i denti in posizione “testa a testa”, come quando ci si mangiano le unghie o si cerca di tagliare un filo con i denti, tutti comportamenti che sollecitano fortemente i margini dei restauri determinando un maggior rischio di rottura.  E’ anche prudente che i portatori di faccette indossino un bite notturno per evitare lo sfregamento dei denti tra loro durante il sonno. Col tempo possono anche verificarsi infiltrazioni cariose dei margini dei restauri che nella maggior parte dei casi sono trattabili con le tecniche della moderna odontoiatria conservativa, alla stregua di una carie.

 

PROTESI MOBILI: le protesi mobili hanno come principale effetto collaterale la minor stabilità rispetto ad una protesi fissa. Ciò determina un movimento più o meno ampio della protesi che varia a seconda del tipo di protesi, dei suoi meccanismi di ancoraggio e delle condizioni anatomiche della bocca del paziente. Un altro effetto collaterale è rappresentato dall’ingombro della protesi all’interno della bocca – variabile da protesi a protesi – con induzione, in alcuni pazienti particolarmente sensibili, dello stimolo del vomito e conseguente difficoltà a portare regolarmente la protesi.  Anche la difficoltà fonetica, legata ai volumi stessi del manufatto, la visibilità di alcuni sistemi di ancoraggio (ganci metallici) che risultano antiestetici quando sono posizionati sui denti anteriori, l’incrinatura o la frattura della superficie resinosa della protesi stessa soprattutto se non regolarmente ribasata, una più alta incidenza di carie dei denti sedi di ganci e appoggi, la possibilità di decubiti nelle zone di appoggio mucoso, l’usura dei denti in resina che col tempo tendono a consumarsi sono importanti effetti collaterali che possono manifestarsi nei portatori di protesi rimovibili.

Le protesi mobili andrebbero controllate dal dentista e ribasate almeno una volta all’anno, per andare a compensare con l’aggiunta di resina il fisiologico riassorbimento osseo e gengivale che rende le protesi mobili di anno in anno meno precise quanto ad appoggio sulla gengiva, esponendole così più facilmente ad incrinature o fratture della base di appoggio in resina o dei ganci/attacchi di ritenzione che collegano la protesi ai denti favorendone la stabilità.

 

Scarica e stampa il consenso informato:

NB: il consenso informato è disponibile per il download e la stampa, anche in fondo a tutte le pagine delle prestazioni.

 

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